L'ultima partita. Vittoria e sconfitta di Agostino Di Bartolomei (3560 Click) |
| Titolo: L'ultima partita. Vittoria e sconfitta di Agostino Di Bartolomei | | Autore: Giovanni Biancone - Andrea Salerno | Titolo originario: , | Traduzione: | Citazione bibliografica: | Link acquisto: |
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L'ultima partita
Di partite,Agostino di Bartolomei ne ha giocate tante in quasi vent'anni di carriera in Serie A;ma le due più importanti sono state quelle che si sono giocate a dieci anni di distanza l'una dall'altra:il 30 Maggio 1984 e il 30 Maggio 1994.La prima volta,il Capitano si è giocato una finale di Coppa Campioni in casa,davanti al suo pubblico,lui,romano e romanista;la seconda,la vita.Una tragica fatalità,quasi una chiusura del cerchio.
"L'ultima partita" rivive questi due eventi parallelamente,per narrare su un piano doppio la vita dell'uomo e quella del calciatore:il ritratto che ne esce fuori è quella di un campione emarginato dal grande giro del calcio,soprattutto dopo la fine della carriera (chiusa alla Salernitana con due promozioni consecutive,dalla C2 alla B),e di un mondo,quello calcistico appunto,capace di darti e toglierti la vita in qualunque momento,di svuotarti della tua carica,agonistica e vitale.
Ad oggi,rimane ancora un mistero il perchè Agostino abbia deciso di tirare il grilletto in quella maledetta mattina di quasi estate (anche se la lettera postuma alla moglie sembri non lasciare spazio a dubbi,visto che affermava "mi sento chiuso in un buco"),ma questo libro ha il pregio di offrirci una visuale più ampia del carattere del fuoriclasse giallorosso,del ragazzo introverso e taciturno venuto da Tormarancia che all'oratorio tirava troppo forte e si divertiva ad organizzare torneini rionali con i suoi coetanei,dell'uomo cresciuto troppo in fretta (i suoi compagni ricorderanno come sembrasse,per la sua serietà e per la sua leadership,molto più anziano di quanto non fosse).
Di Bartolomei sapeva di dover convivere con quel personaggio che gli avevano creato attorno:per tutti era l'antipatico,quello che si vantava non vantandosi,che usava il silenzio come arma intimidatoria,un bullo insomma.Tutto questo perchè Agostino era colto e parlava meglio degli altri,perchè Agostino non si vergognava a nascondere le sue amicizie con i potenti (soprattutto con la curia,visto che il capitano romanista era molto vicino agli ambienti della DC) nè a leggere un libro (cosa quasi scandalosa per l'epoca,che un calciatore potesse avere cervello),perchè Agostino era una persona riservata.Perchè un profeta in patria dà sempre fastidio.
Dibba lamentò sempre il fatto di non avere amici sul campo da gioco (dopo il suo addio alla Roma,persino Bruno Conti,compagno da una vita,dalle partitelle a Lavinio in cui entrambi,bambini,giocavano sulla spiaggia,allo scudetto,arrivò ad affermare:"Non è vero,come qualcuno ha scritto,che sono amico di Di Bartolomei"),perchè quelli per la vita lui se li era scelti fuori,lontano da una dimensione che,oltre ad affascinarlo,lo impauriva anche terribilmente,per diversi motivi,come il fatto di sentirsi continuamente sotto esame ed essere tacciato di eccessiva lentezza,in anni in cui,oltre al piombo ed alla lotta di classe,si scopre la bellezza del calcio totale olandese,rappresentato da undici uomini in continuo movimento.
"No,non c'è un compagno cui sia particolarmente legato.Il calcio è spietato,non è tutto oro.Tra noi nasce sempre una forte rivalità,si sviluppa una competitività accesa".
Quando Agostino entra fra le fila della prima squadra giallorossa,siamo a metà degli anni '70:sono gli anni della "Rometta",una squadra sommersa dall'amore dei suoi sostenitori,ma che rende ogni campionato un limbo di 30 partite,alcune vinta,molte pareggiate,molte perse.Sono gli anni di una Roma povera tecnicamente ed economicamente,gli anni della protesta della Curva per la cessione di Landini,Capello e Spinosi,che rappresentavano il futuro per una compagine che probabilmente non ne aveva,gli anni di Anzalone,presidente molto legato ai giovani del vivaio,di cui si era occupato precedentemente,sotto la gestione Marchini.E proprio dal settore giovanile inizia a venir fuori il nome di un ragazzo che gioca prima col cervello e poi con i piedi,che preferisce far sudare la palla piuttosto che mettersi a sudare.A 17 anni,Di Bartolomei esordisce nella massima divisione;nel primo triennio,di ambientamento,collezione 23 presenze ed un gol contro il Bologna,alla prima di campionato '73-'74,che vedrà campione la sponda biancoceleste del Tevere.Anzalone capisce che,per quel carattere chiuso e testardo,l'ideale per la maturazione è la provincia:e così Agostino viene spedito per un anno in prestito al Vicenza,per un'esperienza sportiva e umana che il Capitano si porterà sempre dietro.Al suo rientro,è già un uomo,maturo abbastanza per prendere in mano le redini della squadra capitolina (nonostante il forte dualismo con Ciccio Cordova);a completare il tutto,due anni più tardi,nel 1979,sulla panchina della Roma si siede un certo Nils Liedholm,che per Di Bartolomei resterà un maestro di calcio e di vita per sempre.A sedersi in tribuna nel ruolo di presidente,invece,arriva Dino Viola,che renderà grandi i colori giallorossi,e la squadra viene rinforzata con giocatori che si uniscono ad alcuni,ottimi,già presenti in rosa:inizia a formarsi il gruppo che vincerà lo storico scudetto nel 1983,gruppo di cui Agostino è pilastro e capitano.Scudetto che vuol dire indissolubilmente un'altra cosa:l'anno successivo,per la prima volta nella storia,Di Bartolomei e compagni giocheranno la Coppa dei Campioni (prerogativa,all'epoca,solo dei campioni nazionali).Neanche a dirlo,la finale del 1984 verrà giocata a Roma,motivo in più per provare a fare bene nella massina competizione continentale.E,in effetti,gli uomini di Liedholm fanno più che bene:dopo aver eliminato,dai sedicesimi ai quarti,Goteborg (4-2 il risultato dei due scontri),CSKA Sofia (2-0) e Dinamo Berlino (ancora 4-2),la Roma si trova a giocarsi una semifinale con i campioni scozzesi del Dundee:l'andata in Scozia,senza Falcao,finisce 2-0 per i padroni di casa;ma la voglia di giungere alla finale è troppa,troppo forte per essere contenuta,e così,nella partita di ritorno,i lupi si scatenano:3-0,risultato ribaltato,e finale da giocare davanti al pubblico amico.Il resto,come si suol dire,è storia:una storia di amore e di lacrime,quelle che il pubblico romanista tirerà fuori a dirotto,dopo la lotteria dei rigori calciati sotto la Curva Sud e persi contro la squadra più forte di tutte,il Liverpool di Kenny Dalglish.Per il Capitano,che aveva affermato:"Dopo tutto quello che abbiamo fatto,uscire sconfitto sarebbe come non aver realizzato nulla",è "l'ultima" partita,la fine del sogno,quello di portare la coppa con le grandi orecchie ai piedi della sue gente.A fine stagione la Roma vincerà la Coppa Italia,magra consolazione,e Liedholm dichiarerà il suo addio,seguito da Ago,il suo capitano,che capisce che con i nuovi schemi asfissianti di Eriksson per lui non ci sarà più posto.L'addio in favore dei colori rossoneri (colori che egli aveva già rifiutato,al'età di tredici anni) è un trauma per curva e città,che di lui non si dimenticheranno mai.Al Milan Di Bartolomei passerà tre stagioni,per poi concludere,dopo una breve parentesi al Cesena,con addosso i colori granata della Salernitana.
Ritiratosi,Agostino rimane a vivere a San Marco,sulla costa del Cilento,dove cerca di aprire una piccola ditta,ed una scuola calcio per tutti quei bambini che erano soliti giocare per strada.Ma,si sa,il calcio è la sua vita.Per uno che ha fatto la sua carriera,ci si aspetterebbe una chiamata per un posto in dirigenza da chiunque,ma tutti,soprattutto la sua Roma,sembrano essersi dimenticati di lui,che aspetta mesi e anni una chiamata che non arriva mai,a guardare tutti i suoi compagni ritirati sistemarsi,in un modo o nell'altro,in quell'ambiente che a lui non ha mai sorriso.
E poi,un giorno,Agostino si sveglia,e inizia a lucidare la sua Smith&Wesson,la preferita di un intero set di pistole.Era il 30 Maggio 1994,e da quell'ultima maledetta partita era passati dieci anni.
"Un inferno,non avevo ancora tredici anni e già mi sentivo un fenomeno da baraccone.Dissi no al Milan e chiusi col calcio.Sembrava una follia,ma mi avevano nauseato"
(the dog)
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Recensione di: : TheDog |
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Recensione pubblicata da TheDog il 02/12/2010 Ultimo aggiornamento effettuato da TheDog il 19/01/2012 |