Il più mancino dei tiri    (4167 Click)
Titolo: Il più mancino dei tiri
Categoria: Saggi   
Autore: Edmondo Berselli
Titolo originario: ,,,,,
Traduzione:
Citazione bibliografica: Berselli, Edmondo (1995), Il più mancino dei tiri,Mondadori
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Tema:
Il calcio come linea di demarcazione fra due epoche diverse, a metà fra la Zona e l'Uomo, democristiani e comunisti, editor incazzati e presidi del liceo cui la vita ha offerto in dono solo la presunta capacità, mai scientificamente verificata, di conoscere a memoria la "Divina Commedia", musica acustica e musica elettrica.
Il calcio, o meglio, un'azione, rimasta imprigionata nella memoria (collettiva?), come filo conduttore nell' esperienza di pulizia dei cassetti del ricordo finiti intasati di scartoffie varie per anni ed anni, e mai definitivamente riaperti.
Svolgimento:
Ci troviamo di fronte ad una rappresentazione epica, uno di quei momenti di catarsi che spesso il calcio offre: Mariolino Corso, posizionato nella sua trequarti campo con i calzettoni srotolati sulle caviglie (come solo lui e Sivori li sapevano portare), ricevuto un passaggio del fido Bedin, inizia, palla incollata al piede ovviamente, un'azione personale che si concluderà solo all'ultima pagina. Sullo sfondo, migliaia di figure appartenenti allo stesso periodo sfileranno in un personalissimo amarcord nel quale il mai sufficientemente compianto Edmondo Berselli si butta con vero e genuino sentimento, accantonando per una volta l'impostazione scolastica tipica della nostra saggistica, statistiche e risultati, per abbandonarsi ad un flusso di coscienza che trasporta il lettore al centro di quegli anni.
Dal Divo Giulio alle imprese montanare al Giro di Gimondi, passando attraverso i whisky doppio malto di Scopigno e le passeggiate sudamericane di Borges (accompagnate dalle pallonate in testa lanciate da un allora bambino Dino Sani), per finire con la musica leggera, gli scioperi di piazza, le minigonne ed il grande Real Madrid.
Mano a mano che l'azione del piede sinistro di Dio si avvicinerà alla sua conclusione, il mosaico prenderà sempre più forma e colori molto più nitidi, all'insegna del paradosso continuo messo in campo (è proprio il caso di dirlo) dall'autore, che rimanda a tesi e fonti deliberatamente non verificabili ed appositamente imprecise per creare un' aura di dorata nostalgia nel lettore, che non può fare altro che essere catturato dall'irresistibile quadretto delineato dalla penna modenese, capace di paragonare il "Taca la bala" herreriano al socratico "Conosci te stesso", di distinguere fra hegeliani di centro-sinistra ed hegeliani di centro-destra (la battaglia decisiva fra questi due schieramenti pare sia stata combattuta alle porte di Stalingrado nel '42), e di tessere segrete trame che collegherebbero i celeberrimi autogol di Niccolai, invocati dai tifosi di tutta Italia, ai primi timidi studi da economo di un giovane Romano Prodi.
Si compone così un mondo multiforme nel quale è facile e bellissimo perdersi, grazie anche allo stile di scrittura ironico e leggero di Berselli che non porta nè alla noia nè all'esasperazione da ricordo eccessivo, ma si pone a metà fra il saggio ed il divertissement, con le sue acute citazioni, frutto della mente di un personaggio che, per sua stessa ammissione, dribblerebbe anche la madre.
Ci troviamo quindi imprigionati a metà strada fra una parata di Carnevale e la stanza delle ombre e dei fantasmi, nel Luna Park del nostro retaggio culturale-sportivo, e a mano a mano che Corso prosegue la sua azione saltando avversari come fossero birilli, il più mancino dei tiri inizia lentamente a prendere forma con e dentro di noi, quasi fosse in grado di assicurarci uno status di un qualche tipo, di darci il potere di affermare: "Io c'ero, io ho visto".
Solo quando finalmente la palla si depositerà in rete e tutto il contorno si sbriciolerà in granelli di sabbia capiremo di aver sognato, di avere avuto una visione in cui invece di andare avanti il tempo (il vero protagonista nascosto dell'opera) si muove all'indietro, beffardo come una foglia morta da raccogliere nel sacco per il portiere rimasto paralizzato dopo aver inutilmente posizionato la barriera.
Azzardo: in Italia nessuno aveva mai scritto così. E per "così", voglio dire che nessuno aveva mai scritto un libro con queste caratteristiche, ma anche che nessuno aveva scritto in questo modo, utilizzando alla perfezione il gusto agrodolce che la memoria trasmette.
Conclusione:
Si sa, i fuoriclasse sono ingovernabili, che recitino terzine o scartino terzini.

"Diffidate di chi ha la scrivania sgombra. Di sicuro è uno che nasconde tutto nei cassetti. E se non ha niente neanche nei cassetti, a che diavolo gli serve una scrivania?"


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Fonti internet

Recensione pubblicata da TheDog il 17/10/2011
Ultimo aggiornamento effettuato da TheDog il 19/10/2011
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